Regolamento AMOP

IL VOLONTARIO

Il volontario è colui che dona volontariamente, spontaneamente, gratuitamente ad altri la sua intelligenza, la sua cultura, il suo tempo e la sua amicizia; non solo occasionalmente, ma in modo continuativo e non con l’atteggiamento del benefattore, ma della persona che condivide un disagio (1).

Questo tipo di volontariato non può essere considerato come un intervento che si sostituisce all’incapacità del sistema di rispondere ai nuovi bisogni sociali e alle trasformazioni di vita, ma un valore aggiunto.

Il valore aggiunto è l’attenzione umana, il rapporto personale e la solidarietà.

Ed è proprio questo tipo di volontariato che contrappone alla burocrazia la flessibilità, ai metodi istituzionalizzati aiuti sempre più personalizzati diventando una risposta critica e costruttiva dell’uomo moderno al bisogno della società alla quale appartiene.

Oggi fare volontariato è uno stile di vita, un modo per mettersi in relazione con il mondo fuori di sé e con gli altri, tutto questo, anche per dovere civico e per senso di responsabilità, nel tentativo di contribuire al cambiamento della società e delle istituzioni.

Sono anche cambiate alcune caratteristiche demografiche: se, infatti, tradizionalmente la figura del volontario “tipo” si identificava in quella di una donna di mezza età che, in mancanza di una realizzazione personale e professionale, decideva di dedicare una parte del suo tempo agli altri, adesso questa figura non sembra avere più una tipologia precisa essendo notevolmente aumentato sia il numero dei giovani, sia quello delle persone che svolgono una soddisfacente attività professionale (2).

Sono cambiati anche i bisogni del volontario: il volontario “moderno” chiede di uscire da una condizione di libera iniziativa per essere inserito in una organizzazione costituita da persone che condividono gli stessi valori e perseguono gli stessi obiettivi (3).

Nasce il bisogno nuovo di qualificare il proprio intervento perché questo possa essere maggiormente efficiente ed efficace, attraverso momenti formativi, valutativi e di confronto.

Il gruppo dei volontari è un gruppo, relativamente numeroso, di persone che riesce a stabilire, con altri, una relazione affettiva profonda e priva di riserve, senza però esserne eccessivamente coinvolto.

I volontari presentano un comportamento stabile, hanno una buona padronanza delle loro emozioni e la loro emotività nasce con intensità e profondità, arricchendoli,

progressivamente, di nuove forze.

La relazione affettiva che queste persone stabiliscono con gli altri non prende mai l’aspetto di un legame o di una dipendenza. Se si verifica il caso di una perdita o di una delusione o di un semplice distacco, pur provando dolore, non ne restano schiavi. Riescono a non farsi abbattere e, dopo un certo intervallo di tempo in cui la loro affettività rimane smorzata, sono capaci di una riorganizzazione psicologica e di riprendere normali e nuovi legami affettivi.

Queste sono le caratteristiche che vengono ricercate in coloro che si avvicinano alle Associazioni di volontariato, impegnate nell’assistenza al malato oncologico, con il desiderio di dedicare una parte del loro tempo alle persone che vivono una condizione di sofferenza fisica e psicologica.

La realtà che il volontario deve affrontare è infatti, spesso, estremamente difficile dal punto di vista emotivo: per questo motivo è ancora più importante riconoscere, in queste persone, una forte spinta motivazionale, un sufficiente equilibrio emotivo, buone capacità di reazione, buone capacità di adattamento e capacità relazionali. Per molto tempo la persona motivata ha rappresentato il candidato ideale al volontariato; tuttavia negli ultimi anni, la motivazione non sembra essere più una garanzia assoluta per la idoneità al ruolo di volontario e neppure l’unica spiegazione al fenomeno del volontariato (4, 5).

Il movente, come qualcosa che spinge una persona ad agire, è infatti spesso legato ad una aspettativa e, quindi, ad un ritorno per la persona, come la gratificazione personale, aspetto che tende ad essere negato, soprattutto nell’ambito delle azioni solidaristiche.

Ciò che rende il volontario insostituibile nel far fronte ai bisogni del malato e della sua famiglia è il suo modo di esprimere il sostegno affettivo:

• partecipando e rispettando il silenzio del malato

• ascoltando con genuino interesse

• stimolando il malato ed i familiari a comunicare i vissuti emotivi

• rispettando i rapporti ed i ruoli familiari preesistenti

• trasmettendo comprensione e vicinanza

• esprimendo le proprie opinioni ed i dissensi in modo costruttivo

• comprendendo e non giudicando il malato e la famiglia.

Il volontario entra, “in punta di piedi”, nelle storie di molte di queste famiglie, conoscendone i segreti e le dinamiche e sostenendo con partecipazione le paure ed il dolore. Il volontario aiuta la famiglia ed il malato a mantenere una continua comunicazione con il servizio di assistenza, sorregge il malato negli spostamenti, è presente durante i periodi di assenza dei familiari, segue le pratiche burocratiche, e sostiene, in alcuni casi, la famiglia nel periodo del lutto.

I volontari in oncologia sono sempre più presenti anche all’interno dei reparti e degli ambulatori di diversi ospedali, in modo particolare all’interno degli Hospice, strutture ospedaliere relativamente recenti in Italia, ma con una più lontana storia in Europa (1810).

In queste strutture i volontari si distinguono dagli altri membri dell’équipe solo per il loro ruolo in quanto la loro figura è pienamente riconosciuta e valorizzata come una delle altre figure professionali. Al volontario viene infatti affidato il compito di ascoltare e rispondere ai bisogni di vicinanza, di organizzare attività diversionali e di socializzazione, diventando così un importante riferimento per il paziente e la famiglia (6-7).

Il volontario, inoltre, partecipa alla vita dell’Associazione alla quale appartiene promuovendo all’esterno la sua immagine ed assumendo ruoli attivi nelle attività di raccolta fondi (8).

 

LA FORMAZIONE DEL VOLONTARIO

 

La supervisione, chiamata anche formazione continua, è definita come uno spazio in cui vengono rielaborate le esperienze degli operatori che esercitano le professioni di aiuto. Consiste in un processo di riflessione, apprendimento, valutazione e verifica che si sviluppa attraverso la relazione tra uno psicologo esperto ed un gruppo di operatori nel corso della loro attività professionale.

Questo modello formativo che trova le sue origini in ambito socio-sanitario ed è già stato introdotto con successo nel percorso formativo dei volontari della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori di Milano e successivamente adottato da numerose altre Sezioni provinciali della Lega stessa e da altre Associazioni sul territorio nazionale ed estero, con l’obiettivo di offrire al volontario momenti dedicati alla riflessione sull’esperienza che man mano si va accumulando.

Il percorso di formazione del volontario ha inizio già dal momento in cui egli decide di intraprendere questa attività.

Possiamo schematicamente suddividere il processo di supervisione in 3 grandi fasi:

1) Il volontario inizialmente ha bisogno di pareri, consigli e sostegno in quanto si sente ancora insicuro rispetto a ciò che fa o dice. In questa fase la supervisione è principalmente uno spazio in cui le ansie e le incertezze possono trovare contenimento e in cui le esperienze ed i vissuti connessi alla relazione con i malati o con gli utenti degli spazi prevenzione o con i collaboratori dell’Associazione possono venire elaborate. Gli incontri saranno quindi maggiormente centrati sull’esame dei casi e delle esperienze riferite dai volontari stessi.
2) Superata questa prima fase, emerge la necessità di affrontare tematiche più generali, di comprendere che cosa succede ad una persona che riceve una diagnosi di cancro, di confrontarsi con le proprie esperienze personali, di comprendere il senso della sofferenza. E’ questo il momento in cui il volontario comincia a fare i conti con il problema dell’identificazione o del sentirsi troppo coinvolto nelle situazioni che si trova ad affrontare.
3) I volontari esperti diventano poi il punto di riferimento dei nuovi arrivati stimolando e proponendo al gruppo argomenti di discussione e di riflessione.

L’incontrarsi in gruppo è fondamentale in questo contesto. Il gruppo permette non solo di condividere le esperienze, ma anche di ricercare insieme modalità di intervento e di relazione più efficaci e consapevoli, per esempio, nella lettura del senso di alcuni comportamenti non facilmente comprensibili, nell’elaborazione e nell’ascolto delle emozioni che si attivano in situazioni di distacco o di intensa vicinanza con il malato. Il gruppo dei volontari non è solo un insieme di persone ma un insieme di relazioni che vanno costruite e consolidate. Anche a questo aspetto occorre dedicare attenzione proponendo di tanto in tanto:

• momenti di presentazione nei quali i volontari si raccontano nella loro dimensione personale

• momenti dedicati ai “giochi psicologici” finalizzati a conoscere meglio sé e gli altri

• momenti di condivisione dei problemi o delle gioie che si avvicendano nelle storie personali dei componenti del gruppo.

LA FORMAZIONE NEL VIVO

Verrà fatto un colloquio di selezione che precede l’ingresso del candidato nell’Associazione, le sue motivazioni vengono approfondite e discusse ma sarà la frequenza al Corso di Formazione per Volontari a integrarle con quel “sapere” che è fondamentale per affacciarsi ad una realtà complessa come quella della malattia oncologica.

Attraverso un Tirocinio si affronta il “saper fare”: si entra affiancati da un “Volontario esperto” nel vivo dell’attività. Al termine del tirocinio (che ha durata di 4-6 mesi) ha inizio l’attività vera e propria.

Da questo momento gli incontri con gli altri volontari in occasione della supervisione diventano un’importante punto di riferimento.

Gli incontri si svolgono generalmente una volta al mese, in gruppo, e vengono condotti da medici, infermieri, psicologi e volontari che vogliono raccontare la loro esperienza. Le riunioni hanno una durata di circa due ore all’interno delle quali vengono affrontati aspetti organizzativi e relativi al lavoro da svolgere e vengono condivise riflessioni, sensazioni e vissuti emotivi, che accompagnano e colorano costantemente il contatto e la relazione con i pazienti.

Gli incontri sono obbligatori e vincolanti all’attività in reparto. Si possono saltare il 20% delle lezioni. Chi non frequenta le lezioni non potrà operare in reparto, chi frequenta meno del 20% dovrà rifare un periodo di affiancamento. In entrambi i casi però si potrà partecipare a tutte le iniziative del gruppo e si potranno svolgere le attività collaterali (mansioni d’ufficio, organizzare eventi per raccogliere fondi…).

Alla fine del corso verrà fatto compilare un questionario di apprendimento e verrà rilasciato un attestato.

I corsi di formazione si svolgeranno ogni anno ed è obbligatoria la partecipazione di tutti i volontari.

Inoltre, i volontari sono chiamati a partecipare alla vita dell’Associazione per cui si richiede che essi partecipino alle varie iniziative (gruppi di arte-terapia,…) magari accordandosi tra di loro per essere presenti un po’ a tutte le iniziative.

BIBLIOGRAFIA

1. Titmuss R. “The gift relationship”. Addison-Wesley, 1971
2. Fusco Karmann C., Gangheri L. “Il ritratto socio-anagrafico del volontario. Il ruolo del volontariato nelle cure palliative”. Milano: Lega Italiano per la Lotta contro i Tumori – Sezione Milanese, 1990
3. Locke EA., Latham GP. “A theory of goal setting and performance”. Englewood Cliffs: Prentice Hall, 1990
4. Finn J. “ An exploration of helping processes in an online self – help group focusing on issues of disability”. Health Soc Work, 1999 Aug; 24(3):220-31
5. Bagdadli S. “La motivazione dei volontari” Milano: Sviluppo e Organizzazione. Università Bocconi, 1990
6. Harris MD., Olson JM. “ Volunteers as members of home healthcare and hospice Teams”. Home Heath Nurse, 1998 May:16(5):289-93
7. Korda IJ. “The benefits of beneficence: rewards of hospice volunteering”. Am J Hosp Palliat Care, 1995; 12(5): 14, 17-8
8. Pearce JL. “Participation in voluntary associations: how membership in formal organizations changes the rewards of participations”. In: Smith DH. International perspective on voluntary action research. Washington: University press of America, 1983

Parte delle informazioni sono state ricavate da : Karman CF., Tinini G., Aguzzali L. “Manuale del volontario in oncologia”

CODICE DEONTOLOGICO DEL VOLONTARIO

1. Il volontario opera per il benessere e la dignità della persona e per il bene comune, sempre nel rispetto dei diritti fondamentali dell’Uomo. Non cerca di imporre i propri valori morali;
2. Rispetta le persone con cui entra in contatto senza distinzioni di età, sesso, razza, religione, nazionalità, ideologia,…
3. Opera liberamente e da continuità agli impegni assunti ed ai compiti intrapresi;
4. Interviene dov’è più utile e quando è necessario, facendo quello che serve e non tanto quello che lo gratifica;
5. Agisce senza fini di lucro anche indiretto e non accetta regali o favori, se non di modico valore;
6. Collabora con gli altri volontari e partecipa attivamente alla vita della sua Organizzazione. Prende parte alle riunioni per verificare le motivazioni del suo agire, nello spirito di un indispensabile lavoro di gruppo;
7. Si prepara con impegno, riconoscendo la necessità della formazione permanente che viene svolta all’interno della propria Organizzazione;
8. E’ vincolato all’osservanza del segreto professionale su tutto ciò che gli è confidato o di cui viene a conoscenza nell’espletamento della sua attività di volontario;
9. Rispetta le leggi dello Stato, nonché lo statuto ed il regolamento della sua Organizzazione e si impegna per sensibilizzare altre persone ai valori del volontario;
10. Svolge la propria attività permettendo a tutti di poterlo identificare. Non si presenta in modo anonimo, ma offre la garanzia che alle sue spalle c’è un’Organizzazione riconosciuta dalle leggi dello Stato.